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lunedì 18 febbraio 2013

Tangenziale

Se ultimamente scrivo poco la colpa - sappiatelo - è essenzialmente delle tangenziali. Ultimamente passo un sacco di tempo a percorrere tangenziali.

La tangenziale mi è sempre stata cordialmente antipatica - risappiatelo. Non amavo le tangenziali, no no; anzi, non sono mai riuscita nemmeno a non odiarle. Con tutta quella saccenza ostentata di verde, quel volgare succedersi di pannelli esaustivi eppure ci manca sempre la stramaledetta indicazione che serve a te, quelle due corsie strette e nemiche, i sibili d'odio nei passaggi dall'una all'altra, il sudore cattivo dei sorpassi in curva, e poi, soprattutto, quell'ansiogena impossibilità di sbagliare.

Pensavo di non poter sbagliare, le prime volte che percorrevo tangenziali con i palmi improvvisamente madidi di nervoso; pensavo con rabbia frustrata che non sarei potuta tornare indietro, che l'abbraccio confortante dell'inversione a U mi sarebbe stato precluso, che non avrei potuto nemmeno fermarmi a pensare, con la protezione fragile e ballerina delle quattro frecce. Ed era così, infatti.

Non si può sbagliare, quando guidi sulle tangenziali e il peso delle giornate quasi alla fine di chi percorre le stesse strade a pochi centimetri dal tuo paraurti sembra strisciare fin dentro alla tua, di automobile, per sommarsi ai corsi del TFA e al rischio bocciatura della tua alunna prediletta. Non puoi sbagliare, no, in tangenziale, e se sbagli lo stesso e manchi l'uscita giusta l'unica cosa da fare sarà andare avanti, fingendo noncuranza in mezzo alla fila impaziente ed assetata di ordine; avanti e ancora avanti, al fastidioso successivo cartello verde, che nel suo impettito rigore ti sorriderà beffardo in un sussurrato te l'avevo detto e ti indicherà con finto sussiego l'uscita di emergenza.



Eppure - e di questo eppure riesco quasi a sentirne la fragranza amara, se tiro a fondo su col naso - se non si può sbagliare, in tangenziale, e tu hai sbagliato lo stesso, la volta prossima forse non sbaglierai, e il numero dell'uscita giusta ti si incollerà sulle mani - pellicola di colla vinilica alla fine di un lungo pomeriggio di attività scout - per non staccarsene più.

E se anche non si può sbagliare, sulle tangenziali, e tu sbagli una volta, e poi sbagli ancora la volta successiva perché uno stronzo ti ha sorpassato da destra impedendoti lo scatto felino dell'ultimo minuto - ma forse non è stato nemmeno uno stronzo, era semplicemente un uomo a cui altri avevano pestato i piedi (magari già bagnati) durante tutta quella giornata - beh, se sbagli due volte e ti viene da piangere invocando la retromarcia perduta, la terza, di volta, non sbaglierai più.

Non sbaglierai più e anzi, imparerai, giro dopo giro, ad incolonnarti sulla destra al momento giusto, al giusto intervallo prima del cartello, alla giusta distanza dall'uscita e al giusto spazio dall'auto che ti precede; imparerai a dosare velocità e frecce, a battezzare i prepotenti e a calibrare le tue potenze. Senza poter tornare indietro, imparerai.

Ad ogni giro, ad ogni ciclo, ad ogni mese e ad ogni anno della tua vita guadagnerai in conoscenza dei cartelli e in abilità di guida. Senza mai fermarti, senza poter mai nemmeno fare una minuscola inversione a U. Avanti, sempre avanti. Non diventerà forse bellissimo perfezionare quest'arte e accumulare granelli senza cancellarne mai? 
Poi, alle volte, passati i primi giri nel terrore puro, e poi i secondi nell'estasi della riuscita, ti sembrerà, ad un certo punto, che la strada sia sempre uguale, i cantieri non procedano mai, i pannelli annuncino sempre le stesse cose e le rampe di accesso possiedano sempre la medesima pendenza. E, in effetti, sarà grosso modo così.

E sarà a quel punto che dovrai imparare ad accorgerti non tanto più di dove sono le uscite o di come sono disposte le indicazioni; dovrai imparare ad accorgerti, allora, quando tutto ti sembrerà - e lo sarà - monotono, che le auto, le compagne stanche e solidali in quella volontà di autoconservazione che ci unisce tutti, le auto, quelle, saranno sempre diverse; e con alcune passerai lunghi tratti - magari già dall'uscita uno avanti fino alla nove, che è la tua, ormai lo hai imparato - accoppiato in corsia, alla distanza giusta per chiacchierare ma senza risultare invasivi; con alcune riuscirai pure a fare amicizia, ché usciranno dal lavoro alla stessa tua ora e imparerai a riconoscerne l'ingresso rombante - entra alla tre, se non sbaglio - poco più avanti a te, ogni pomeriggio; con alcune litigherai, altre le lascerai passare strisciando - cattive nei loro abbaglianti di prepotenza - nella speranza che non lascino dietro di sé nient'altro che fumo di scappamento; di altre ancora ti farà sorridere l'inesperienza impacciata: di alcune faciliterai l'ingresso titubante, altre invece le abbandonerai, frettoloso, al loro destino, con la quasi certezza che prima o poi impareranno a cavarsela da sole.

E poi ci sarà la tua, di auto, con la quale, curva e cartello dopo curva e cartello, vivrai sbagli e riprese senza smettere mai di volerle bene, squadra vincente o perdente che siate, e ad ogni giro, ad ogni ciclo, ad ogni mese e ad ogni anno della vostra vita sarete sempre un po' uguali e un po' migliori, e soprattutto sarete insieme.

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