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martedì 16 agosto 2016

Questo

Tutto è cominciato un paio di settimane fa. In una corsia di piscina.

Era semplicemente una di quelle interminabili settimane all'inizio delle quali un'anonima impiegata dell'ufficio scolastico regionale aveva vaticinato ad un sudato rompipalle trentenne che gli esiti degli scritti sarebbero usciti nei prossimi giorni.

Una settimana di sei giorni, che duravano ciascuno dalle nove del mattino alle diciannove della sera - e direi che a 'sto punto se non hanno pubblicato dovremo rimandare a domani. Sei giorni, di dieci ore l'uno, sfilze di pugni nello sterno appena ti ricordi che sei ancora lì, appeso, appena quel pensiero rispunta tra le maglie nemmeno troppo strette di un aperitivo o una pagina di romanzo.

Una settimana come altre otto, o nove, prima e dopo di lei: ormai ho perso il conto.

Era giovedì: questo lo ricordo - anche se tendenzialmente i giorni delle settimane come quelle lì si assomigliano tutti - perché al fianco della mia ordinata corsia di nuoto saltellavano vispe e tamarre le ragazze dell'acquagym, a tempo di una musica estiva che andava su e giù insieme alla mia testa a rana.

La mia amica Niculet guidava caparbia il nostro affannato ma impavido duo alla conquista, presumo, della decima vasca o giù di lì (mi permetto di ricordare alla platea dei lettori che siamo passati alle vasche lunghe, quelle della piscina esterna, mica broccoletti) e io, fedele, le andavo dietro con la mia placida rana quando, per l'ennesima volta nel corso di quei sei giorni settimanali maledetti e sempre uguali, dalla bocca dello stomaco era salito al cervello il pensiero di quel concorso e di quegli scritti, annebbiato oramai e inestricabile di desideri e scaramanzie, ma sempre vivo e pulsante.

E io, invece di lasciarmi affogare da quel palpitante singulto, dopo aver lanciato uno sguardo a destra al branco delle ragazze dell'acquagym e uno a sinistra, dove la Niculet rientrava dalla vasca imperterrita e agguerrita, ho reimmerso la testa sott'acqua e mi sono detta: beh, questo, questo aver imparato a nuotare insieme e questo essere qui, al fresco, a far fruttare un talento che non credevi di avere e invece hai, e a trarne gioia e benefici semplici, a portata di piscina, questo, nessuno te lo potrà togliere mai.

Nessuna commissione di concorso e tantomeno nessuna approssimativa impiegata dell'ufficio scolastico regionale. Nessuna classifica e nessuna sconfitta. Nessun preside e nessun ministro della pubblica istruzione. E' tuo e basta.



Tutto è cominciato con quel pensiero bagnato in corsia, un paio di settimane fa e, sempre a proposito di sfondi acquatici (è il leit motiv dell'estate, sappiatelo), mi è tornato alla mente proprio ieri mattina, mentre tornavo a salutare, appuntamento ormai di ogni agosto, l'indulgente mare sotto il piccolo faro rosso del molo di La Spezia (o meglio, come dicono quelli che le vogliono bene e quindi da un po' di tempo a questa parte anche io, di Spezia, senza l'articolo determinativo femminile). Anche quello - pensavo - anche il tornare benevolo a quel molo, a quell'acqua che sbatte mansueta, a quell'appoggio di schiena dritto e avvolgente, giusto in faccia al sole delle dieci, chi potrà mai togliermelo? Forse che da ogni parte di Italia, di graduatoria, di quartiere residenziale non può partire un treno che porta qui in poche ore?

E mentre mi aggrappavo, momentaneamente pacificata, a quell'idea non più nuova eppure sempre rasserenante, ho sbirciato alla mia destra e, invece di trovarci un branco di ragazze sculettanti, ho intravisto che l'anziano spezzino seduto chinato sulla sua preziosa settimana enigmistica stava facendo il gioco dell'annerire gli spazi puntinati.
Un uomo possente, raggomitolato intorno ad una matita con la punta grossa e il tratto poco marcato, che con la scorza delle sue mani da pescatore o portuale cercava di non fuoriuscire dai contorni e alla fine di questa impresa faticosa allontanava un poco il foglio dal viso per raggiungere la prospettiva necessaria a comprendere quale immagine ne fosse risultata.

Finché dunque esisteranno corsie di piscine, amiche che dettano il ritmo di un numero di vasche tenuto nascosto fino quasi alla fine; finché esisteranno mari e moli e fari bassi e rossi, finché ci saranno settimane enigmistiche con i loro esercizi di riempimento degli spazi puntinati, a qualcosa ci potremo sempre appoggiare, nello sbattere delle onde qua e là - almeno io e il vecchio spezzino dalle mani grandi e dalla matita sfuggente - e quel qualcosa non ci sarà tolto.

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